Psicofarmaci in aumento, ma dov’è lo psicologo?

Recentemente l’ex-ministro Matteo Salvini ha parlato dell’elevato consumo di psicofarmaci da parte degli italiani, dando origine ad approfondimenti sul tema. I media hanno indagato le fonti e la correttezza di tale dichiarazione, concentrandosi su dati e report statistici.

Guardando oltre, questa vicenda ci fornisce l’opportunità di riflettere sul consumo di psicofarmaci in relazione ad ansia e depressione. La ragione sta nel fatto che gli psicofarmaci non sono solo quelli prescritti per patologie psichiatriche severe, come ad esempio la schizofrenia. Al contrario, molto più diffusi sono i sintomi di ansia e depressione!

I disagi del nostro tempo: ansia e depressione

Ansia E Depressione

Gli stati ansiosi e depressivi, con le loro molteplici manifestazioni, sono frequenti, in particolare tra i giovani. L’Organizzazione mondiale della sanità già nel 2017 parla di “emergenza depressione”, poiché negli ultimi dieci anni l’incidenza di tale patologia è aumentata del 20%.

Tuttavia, gli stati depressivi non sono solamente quelli dai sintomi eclatanti immaginati dal senso comune, ad esempio rinchiudersi in casa passando le giornate a letto. Più frequentemente troviamo uno stato depressivo subdolo, non evidente né invalidante, che può nascondersi dietro gli stessi sintomi ansiosi, oppure dietro il consumo di sostanze come alcol o marjuana, dietro le dipendenze comportamentali come quella dal gioco d’azzardo, dalle tecnologie, la dipendenza affettiva o dallo shopping.

Come ben evidenziato dal Rapporto Censis nel capitolo “La società italiana al 2019”, è il consumo di ansiolitici e sedativi ad essere aumentato del 23% tra il 2015 ed il 2018. Inoltre, il 69% della popolazione percepisce l’Italia come un paese in stato d’ansia.

Queste informazioni evidenziano come ansia e depressione siano problematiche comuni, molto più diffuse di quanto possiamo immaginare. La reazione a tale disagio è evidentemente altrettanto consueta: ricorrere agli psicofarmaci.


Per capire di cosa stiamo parlando, può aiutarci la storia di Chiara:

Chiara è una ragazza di 23 anni, durante l’ultimo anno e mezzo ha attraversato un periodo di forte stress: prima un trasloco, poi la perdita di un animale domestico a cui era davvero molto legata, adesso gli ultimi esami all’università e la laurea. Chiara pensava che superata la discussione della sua tesi le cose sarebbero migliorate, ha spesso la tachicardia, le manca l’aria ed un paio di volte è svenuta in metropolitana. Qualche giorno dopo la laurea le viene rubata la macchina e l’ansia aumenta.

Anche quando tutto si è ormai risolto in suo favore, Chiara non riesce a tornare indietro. Non le è possibile tornare a quello stato di equilibrio fisico ed emotivo che ha sempre dato per scontato. Improvvisamente non riesce ad uscire, si sente male, le sale l’angoscia e sente il suo corpo molle. Non prende più la metropolitana ed anche un controllo medico di routine la fa piombare in crisi.

Chiara è arrabbiata per tutto questo e vuole trovare una soluzione: il suo ragazzo, un paio di mesi prima, le aveva proposto di andare da uno psicologo, a lui è servito. Chiara ci riflette ma l’idea non le piace, ci sono delle cose del suo passato di cui non ha voglia di parlare, non le vuole ricordare e poi costa molto… forse è meglio parlare con il medico di base e farsi prescrivere qualcosa, non la valeriana che ha già provato e non ha risolto il problema, magari qualcosa di più forte, d’altronde sono appena ricominciati i corsi della magistrale e lei deve andare avanti con la sua vita!

Chissà l’incontro con il medico quale esito avrà, le prescriverà un ansiolitico o le consiglierà di incontrare un professionista?

Il racconto di un periodo della vita di Chiara, ci dà la misura di come lo sviluppo di stati ansiosi possa riguardare chiunque di noi, ma anche di come eventi di vita comuni possano combinarsi e risultare stressanti e precipitanti, andando oltre la nostra possibilità di controllo.

Inoltre, Chiara non vuole parlare, né tanto meno ricordare alcuni eventi passati. Sicuramente si tratta di eventi poco piacevoli, e se ci fosse una base depressiva dietro i suoi sintomi ansiosi? Tutto questo fa paura, non potrebbe essere altrimenti, allora Chiara cerca una “soluzione” alternativa: andare dal medico di base richiedendo un farmaco contro la sua ansia.

Cosa sono gli psicofarmaci?

Gli psicofarmaci sono sostanze chimiche capaci di modificare le funzioni mentali ed il comportamento.

Ciò significa che anche sostanze illegali come l’LSD, l’ecstasy (MDMA) e gli allucinogeni sono psicofarmaci. Così, alcuni psicofarmaci sono utilizzati con finalità terapeutiche mentre altri come droghe di abuso.

Gli psicofarmaci utilizzati con finalità terapeutiche vengono classificati in quattro grandi categorie:

  • Regolatori degli umori: utilizzati nel trattamento a lungo termine di pazienti con disturbi dell’umore, in particolare nel disturbo bipolare.
  • Antipsicotici: conosciuti anche come “tranquillanti maggiori”, solitamente calmano senza alterare la coscienza, sono quindi impiegati per tranquillizzare pazienti schizofrenici, con danno cerebrale, mania o delirio.
  • Ansiolitici: qui troviamo le benzodiazepine, esse possono risultare efficaci nell’alleviare stati ansiosi, tuttavia si tende a prescriverli quasi a chiunque presenti sintomi legati allo stress, disagio o infelicità.
  • Antidepressivi: in generale risultano efficaci nel trattare la depressione di grado moderato, grave o cronica, mentre risultano poco utili nelle forme lievi ma acute. Anche in questo caso il rischio di sviluppare dipendenza è elevato.

Focalizzandoci sulle benzodiazepine, vediamo come sia fondamentale una diagnosi accurata, poiché se prescritti per problematiche non idonee, oltre ad essere inefficaci, possono risultare addirittura dannose!

Altro aspetto importante riguarda la prescrizione “al bisogno” che va evitata: alcune volte è l’idea di avere una soluzione in caso di emergenza a tranquillizzarci, tuttavia gli ansiolitici sono da utilizzare all’interno di un piano di trattamento!

L’unico professionista capace di programmare e dispensare un piano di trattamento con psicofarmaci che tenga conto di tutti i diversi aspetti del caso, è lo psichiatra. È importante che sia lui a seguirci durante il periodo di trattamento, modificandolo a seconda della situazione.

Anche nel caso degli antidepressivi una diagnosi accurata è imprescindibile, poiché solamente attraverso di essa è possibile calibrare il piano di trattamento!

In uno studio sul fenomeno dell’astinenza in seguito all’interruzione di antidepressivi, James Davies e John Read, hanno evidenziato come il 56% dei pazienti che hanno tentato di ridurre o interrompere il trattamento con antidepressivi, sono andati incontro a sintomi di astinenza.

psicofarmaci

I fattori coinvolti nella prescrizione di un farmaco “psico” sono quindi molteplici e a diversi livelli. Per questo è importante affermare che per quanto competente ed aggiornato, un medico di base non può essere in possesso degli strumenti idonei ad effettuare un tale piano di trattamento.

Pensiamo alla “semplice” diagnosi psicologica, un medico di base come potrà effettuarla senza strumenti adeguati?  Allo stesso tempo dobbiamo dire che uno psicologo in condizione di fare diagnosi, non ha però alcuna possibilità di prescrivere farmaci, ma allora come facciamo?

Le soluzioni sono due: rivolgersi direttamente allo psichiatra, oppure incontrare uno psicologo. Ma come scelgo?

La scelta di Chiara

È dicembre, il Natale si avvicina, Chiara è in difficoltà. Ha deciso di prendersi del tempo per decidere come muoversi, in modo da arrivare a gennaio con una decisione presa da mettere in atto, perché andare avanti in questo modo non le è più possibile.

È difficile, perché andare da uno psichiatra sarebbe molto brutto ma forse così eviterebbe di dover parlare di alcuni argomenti. Le sembra la strada più semplice. Ne parla con il suo ragazzo che ancora una volta le propone di incontrare uno psicologo.

È combattuta, passano i giorni e alla fine Chiara si guarda allo specchio: dentro di sé sa benissimo che la decisione più saggia sarebbe andare prima dallo psicologo e solo in seguito, se necessario, andare da uno psichiatra. Non è facile ammettere a sé stessa di avere paura, ma soprattutto che, con molta probabilità, quello che le sta succedendo adesso è legato a ciò che è accaduto nel passato e che non vuole affrontare.

Come ben evidenziato da Giovanni Fava, Professore di psicologia clinica dell’Università di Bologna, sembra essere diventata una consuetudine prescrivere farmaci per disturbi depressivi, tuttavia la prima scelta deve essere la psicoterapia! Solamente se questa risulterà insufficiente potrà essere considerata la soluzione farmacologica.

Ritengo che tale punto di vista sia ancora più valido in relazione a persone giovani, che nella loro vita ancora non hanno assunto farmaci di questo tipo né si sono confrontate con uno psicologo.

Dal momento in cui diventiamo maggiorenni ed usciamo dalla scuola superiore, ci troviamo a dover affrontare enormi cambiamenti: lavorativi e scolastici, nuove responsabilità, il distacco dalla famiglia di origine, nuove relazioni da dover gestire che diventano più stabili e impegnative, una diversa autonomia che comporta ulteriori oneri, la sessualità, la presa di decisioni per il nostro futuro.

Insomma, il periodo di vita tra i 18 ed i 30 anni è davvero complesso! Aggiungendo poi che è proprio in questi anni che le nostre scelte danno forma a quella che sarà la nostra vita negli anni avvenire, ansiogeno??

Non possiamo stupirci se in questo periodo, quando ci affacciamo per la prima volta alla vita reale e alcune volte incomprensibile, possano insorgere sintomi ansiosi! Anche gli stati depressivi sono dietro l’angolo: possiamo dover affrontare la fine di una relazione e ritrovarci soli, sentirci privi di valore, incapaci per non essere riusciti a superare un ostacolo, può succedere che le cose non vadano come previsto ed è difficile accettarlo, le emozioni possono sembrarci di intralcio e ci sentiamo confusi e vulnerabili difronte a difficoltà che prima non abbiamo mai incontrato.

Tutto questo non riguarda un disturbo depressivo strutturato né un disturbo d’ansia, sicuramente in alcuni casi tali patologie possono emergere perché esacerbate dalle situazioni di vita, ma in molti casi si tratta semplicemente di difficoltà relative ad uno specifico periodo di vita!

L’aspetto importante è superare le criticità nel modo corretto, ossia evolutivamente positivo. Significa che è il momento giusto per cercare un sostegno psicologico che possa renderci più consapevoli di noi stessi, che ci sostenga nell’oltrepassare il momento di difficoltà senza snaturarci, accompagnandoci nella crescita.

Dobbiamo fare, fare, fare e… fare!

fare

Un aspetto significativo della vita dei giovani adulti contemporanei è il doversi confrontare con due sfide evolutive specifiche: gli anni universitari e l’inserimento nel mondo del lavoro.

Prima ancora di costruire una famiglia e diventare genitori, oggi gli anni tra i 18 ed i 30 sono spesi nel raggiungere obiettivi di studio e lavorativi: durante l’università ciò che conta è superare gli esami e concludere laureandosi, preferibilmente con buoni voti ed in tempi ragionevoli. Non si tratta di un vezzo, ma di una buona base di partenza per affacciarsi successivamente al mondo del lavoro!

La competizione è forte, sia all’università che successivamente nel mondo del lavoro: siamo tanti ed il lavoro scarseggia, siamo quasi tutti laureati, specializzati e “masterizzati”, chi assume ricerca skills traversali: inglese fluente e certificato, competenze informatiche, comunicative, organizzative e relazionali.

In questo contesto sociale diventa prioritario raggiungere risultati quantificabili, ci servono per poter andare avanti e raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati!

Tuttavia, il continuo impegno nel “fare” può portare a tralasciare l’”essere”, Chiara può aiutarci a capire cosa significa:

È metà gennaio e Chiara ha preso un appuntamento con uno psicologo, non è convinta ma il pensiero di poter fare un passo indietro, se non dovesse funzionare, la tranquillizza.

Durante il primo colloquio conoscitivo Chiara spiega come è arrivata alla sua decisione di provare un approccio psicologico. Quando lo psicologo le domanda cosa si aspetta da questo percorso, Chiara è interdetta: “è ovvio, il problema è l’ansia. Vorrei non stare sempre a pensare, riuscire a fare le cose senza tanti problemi, perché adesso non riesco a fare le cose come vanno fatte. Come il fatto di non poter prendere la metropolitana, è un problema, devo seguire le lezioni e di questo passo alla prossima sessione d’esami non concluderò nulla!”

Il punto di vista di Chiara fa luce su due aspetti importanti: il primo riguarda il fatto che i suoi stati ansiosi le stanno condizionato la vita quotidiana. È giusto che Chiara non voglia farsi condizionare così tanto dall’ansia!

Tuttavia, il secondo aspetto che emerge, riguarda proprio il non volersi fermare. Il bisogno espresso è quello di andare avanti senza mai fermarsi per portare a termine i propri impegni. Pur essendo comprensibile, questo ci dà una misura di come Chiara non ritenga significativo e degno di attenzione ciò che prova. I suoi stati emotivi sembrano solamente metterle i bastoni tra le ruote rispetto agli obiettivi che si è prefissata.

In realtà quello che proviamo è un’indicazione, un messaggio che può essere sfruttato a nostro vantaggio se accolto. Siamo esseri umani non robot, non considerare ciò che sentiamo può portarci all’autosabotaggio!

In questo caso i sintomi ansiosi potrebbero configurarsi come uno stop obbligato. Attraverso di essi Chiara è costretta a fermarsi, a sentirsi, non può più ignorare i suoi stati emotivi. Allora questo “problema” potrebbe diventare un’opportunità di crescita:

Forse Chiara ha bisogno di capire com’è diventata in seguito ai cambiamenti avvenuti nell’ultimo anno e mezzo, è forse diversa? Non lo sa, in realtà non sa più com’è, le sembrava di avere una solida identità quando è uscita dalle superiori ma le cose sono cambiate, forse è solo cresciuta, ma come? E cosa desidera veramente? Degli studi è soddisfatta ma le manca qualcosa, forse è quell’attività sportiva messa da parte anni fa che la faceva sentire così appagata? Anche la morte del suo cane, pur essendo stata molto dolorosa, è stata messa velocemente da parte per poter andare avanti e affrontare quell’ultimo terribile esame e poi la tesi di laurea.

In questo nostro mondo così orientato al “fare”, in cui impegni ed obiettivi hanno la priorità, il ricorso al farmaco appare la “soluzione” più naturale. È come se attraverso di esso potessimo andare avanti con la nostra vita, riprendere velocemente in mano la situazione e accantonare sentimenti ed emozioni che sembrano ostacolarci.

Ma la realtà è un’altra: nel caso di Chiara il farmaco sarebbe solo una “toppa”, avrebbe potuto ridurre i sintomi ma senza risolvere la situazione alla base. Ciò che provoca gli stati ansiosi sarebbe rimasto lì, privando Chiara di un’opportunità di crescita importante e facendole proseguire la sua vita in balia dell’inconsapevolezza.

È importante sottolineare che gli psicofarmaci non vanno demonizzati, in alcune situazioni risultano essenziali e condannandoli in senso assoluto, si rischierebbe di non effettuare un trattamento farmacologico quando invece necessario.

Inoltre, una combinazione fortemente efficace nell’affrontare psicopatologie di diversa natura, è proprio quella che unisce il trattamento farmacologico alla psicoterapia.

Ciò che è importante sottolineare, è come il disagio individuale necessiti di una presa in carico adeguata e professionale, quindi di una diagnosi accurata come base di partenza per poter pianificare l’intervento più adeguato, sia esso farmacologico e psichiatrico, psicoterapeutico o psicologico.

BIBLIOGRAFIA

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Davies, James & Read, John. (2019). A systematic review into the incidence, severity andduration of antidepressant with drawal effects: Are guide lines evidence-based? Addictive Behaviors, 97, 111-121.

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Lancini, M. & Madeddu, F. (2014). Giovane adulto. La terza nascita. Milano: Raffaello Cortina Editore.

Treccani, (n.d.). Psicofarmaci. Disponibile da http://www.treccani.it/enciclopedia/psicofarmaci/